Bosco – paesaggio – animale

«Noi siamo soliti contare sulle figure, e il paesaggio non ha nessuna figura; siamo abituati a inferire dai movimenti sugli atti di volontà, e il paesaggio quando si muove ,“non vuole”. Le acque fluiscono, e in esse oscillano e tremano le immagini delle cose. E nel vento, che stormisce tra gli alberi antichi, crescono i giovani boschi, crescono verso un futuro, che noi non vivremo. Siamo soliti dedurre molte cose dalle mani delle creature umane, e tutto dal loro viso su cui, come un quadrante, sono visibili le ore che sostengono e cullano la loro anima. Ma il paesaggio è là, privo di mani, e non ha viso; oppure è tutto viso, e l’immensa grandezza dei suoi tratti spaventa e schiaccia l’uomo […]. Perchè dobbiamo pure confessarlo: il paesaggio ci è estraneo, e terribilmente solo è l’uomo in mezzo agli alberi che fioriscono e ai ruscelli che scorrono; soli con un morto, non si è alla lunga così abbandonati come soli con degli alberi. Per quanto grande possa essere il mistero della morte ancora più grande è il mistero di una vita che non è la nostra vita, che non partecipa alla nostra e che, come ignorandoci, celebra feste alle quali noi guardiamo con un certo imbarazzo, come ospiti sopravvenuti per caso e che si esprimano con una lingua diversa.»

Rilke R. M., 2020, Del paesaggio e altri scritti, Adelphi

Siamo attratti dal bosco come un luogo dove abbiamo dimenticato qualcosa. Il bosco non è la mia casa, è lontano e sconosciuto. Oltre la soglia possiamo abbandonare il nostro punto di vista quotidiano, nel continuo tentativo di un decentramento in favore dei sensi, del corpo come guida. Avvicinandoci al bosco ci avviciniamo a quella parte di noi che abbiamo perduta, l’animale che siamo. 

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